Il mio primo incontro con l’universo artistico di Jacques Brel risale al mio arrivo in Francia nel 1993.
Quindici anni vissuti a Parigi hanno definitivamente modificato la mia vita e non solo quella artistica.
Dopo un’esperienza dura, ma ricchissima di incontri umani e musicali, mi è parso doveroso ringraziare quello che ritengo il mio Paese adottivo.
Questo progetto franco/italiano non è che un piccolissimo gesto che non potrà certo saldare il mio debito.
Non so se Jacques Brel amasse il jazz. Ma certo come un jazzman registrava i suoi dischi sempre in diretta con i suoi musicisti, anche quando alla fine, debilitato dalla malattia, non poteva permettersi di ripetere una presa. E, come Charlie Parker, ogni sua esecuzione era di un intensità tale da sembrare l’ultima.
Da subito con mia moglie Corinne ascoltando e riascoltando l’immenso lavoro di Brel ci è parso evidente che stavamo iniziando un’esperienza artistica ed umana di rara intensità dove la scelta dei musicisti era condizionata dalla sensibilità e dalla capacità di lasciarsi coinvolgere in un simile progetto.
Con l’urgenza che spesso contraddistingue il mio lavoro, da prima con Rémy e poi con Sébastien, ci siamo lasciati scivolare nell’universo Brel ascoltando i nove brani da me selezionati. Consci della difficoltà del impresa, ci siamo regolarmente ritrovati a Parigi dove è subito cominciato un entusiasmante lavoro collettivo di arrangiamento,
Con Stefano ci siamo ritrovati a Roma il 2 Giugno 2010 e già alla prima prova per tutti era un’evidenza, bisognava entrare in studio di registrazione.
Così è nato il nostro tributo a Jacques Brel, ed ho la netta sensazione, che al di là delle capacita tecniche di ciascuno, in questo disco traspaia almeno in parte la carica emotiva che abbiamo tutti provato ascoltando con la gola serrata e gli occhi lucidi la sua musica.
(Pier Paolo Pozzi)